Ho vissuto in Martinica tra la fine del 2003 e l'inizio del 2004. Il mio unico punto di riferimento quando sono arrivata era l’Université des Antilles-Guyane. Ero partita per arricchire la mia formazione, ma non mi sarei mai aspettata un impatto così determinante del viaggio sulla mia prospettiva critica. In particolare, ho cercato di incontrare gli scrittori che studiavo, il che mi ha portato ad una svolta decisiva nella redazione della mia tesi di dottorato. Le interviste che ho svolto durante il soggiorno, e altre, effettuate più tardi in Europa, hanno portato alla pubblicazione di una raccolta per i tipi di Mémoire d’Encrier (Montreal).
La Martinica è un dipartimento francese, il che ha certamente facilitato la mia vita quotidiana, poiché ho dovuto affrontare un apparato burocratico abbastanza leggero per vivere là. Avevo comunque pochi strumenti per capire cosa succedeva attorno a me. Una volta sono andata a fare la spesa, ho preso una scatola di fichi secchi per metterla nel carrello, e mi sono accorta che erano banane. Figues in francese di Francia significa fichi, mentre in francese martinicano indica un tipo di banane. Può sembrare sciocco, ma l’accumulo di esperienze quotidiane di questo tipo contribuiva a darmi una sensazione di costante inadeguatezza. Fortunatamente, ho conosciuto persone molto amichevoli, che mi hanno aiutato ad accettare ciò che non capivo. Una settimana dopo il mio arrivo, mi hanno portato ai canti di Natale, gli Chanté nwel. Non erano quelli folkloristici per turisti: si cantava tutti insieme in discoteca con il libro dei cantici tra le mani prima di mettersi a ballare. Sembrava la riunione di un’enorme famiglia, e io, già in crisi d’astinenza da tortellini, mi sono strafogata di paté salé, dei tortelli salati decisamente all’altezza della situazione.
Nessun commento:
Posta un commento
Se vuoi commentare, sei libero di farlo. Se scrivi volgarità o se pubblicizzi un prodotto che non mi interessa, cancellerò il tuo commento.