Di seguito il mio articolo sulla letteratura haitiana pubblicato su L'Indice del marzo 2010, pagina 8. L'articolo originale è completato da un box che riporta le traduzioni italiane di narrativa haitiana pubblicate dal 2000 in poi, nella speranza che la pagina scritta susciti iniziative concrete per arginare l'ennesima devastazione provocata dal terremoto. Se volete leggere la bibliografia, però, compratevi L'Indice! Io non ci guadagno nulla, ho scritto l'articolo gratuitamente, ma mi sembra importante sostenere questa rivista.
Sud degli spettri
Poco più di un mese fa siamo stati tutti toccati dalle immagini del, o meglio, dei terremoti che si sono abbattuti su Haiti riducendo la capitale, Port-au-Prince, a un cumulo di macerie. Ora è davvero troppo presto per dimenticare questa mezza isola, dove le conseguenze della catastrofe sono amplificate da un contesto storico e socio-economico poco conosciuto in Italia. Abbiamo già recensito in queste pagine la fondamentale raccolta di saggi a cura di Roberto Cagliero e Francesco Ronzon Spettri di Haiti, (Verona, Ombre Corte Edizioni, 2002), il cui sottotitolo Dal colonialismo francese all'imperialismo americano situa correttamente Haiti nel nodo di una rete mondiale. L'importanza strategica dell’isola, e ancor più la sua rivoluzione vittoriosa che l’ha resa un simbolo delle potenzialità di un popolo oppresso, schiavo, nero, sono state anche la sua condanna sul piano delle relazioni internazionali.
Oggi non è semplice avvicinarsi ad Haiti, all’arte, alla musica, alla letteratura che questo paese continua a regalarci, prescindendo dai pregiudizi occidentali su questo paese. Si pensi ad esempio alla religione tradizionale haitiana: il vudù e a che cosa è diventata nell’immaginario occidentale, dal film Zombi di Romero (U.S.A. 1978) in poi. Tuttavia, il desiderio di approfondire e di divulgare ha portato anche in Italia a diverse coraggiose ed encomiabili iniziative editoriali. Citiamo tra queste il cofanetto proposto qualche anno fa da Feltrinelli nel quale il documentario The Agronomist di Jonathan Demme (2003), dedicato a Jean Dominique, animatore di Radio Haïti-Inter assassinato per il suo impegno per la libertà d’informazione è associato all’antologia di racconti L’Isola d’acqua. Danilo Manera, il curatore, che intervistai riguardo a questa pubblicazione mi disse: “Finché non lasciamo che ci spieghino loro la loro difficile e luminosa storia non riusciremo mai, pur volenterosi, ad aiutarli nella maniera giusta”. Oltre al saggio di Manera, che presenta Haiti sul piano storico e sociale, altri contributi presenti ne L’Isola d’acqua sono dedicati alla musica e alla letteratura e fanno da cornice ai sei racconti di Felix Morisseau-Léroy, Évelyne Trouillot, Yanick Lahens, Louis-Philippe Dalembert, Gary Victor, Edwige Danticat.
Per quanto possa parere incredibile, questo paese piccolo, dove la percentuale di analfabeti è altissima, ha prodotto una letteratura in lingua francese, inglese e creola apprezzata e studiata in tutto il mondo, grazie alle fatiche di scrittori residenti in patria e all’estero. Infatti, anche oggi molti giovani si recano all’estero per studiare o lavorare e spesso all’estero trovano le condizioni propizie alla scrittura. Inoltre, molti intellettuali sono stati costretti a lasciare il paese durante la feroce dittatura di Baby Doc, che è terminata soltanto nel 1986. Ciò significa che diversi scrittori ancora attivi e produttivi hanno vissuto parte della loro vita nel paese d’origine e spesso ne parlano nelle loro opere.
Tra questi ultimi, abbiamo citato più volte Dany Laferrière, recensendo su queste pagine Come diventare famosi senza far fatica (La Tartaruga, 2004) e Verso il sud (La Tartaruga, 2006). Di questo autore, abbiamo sottolineato lo humor dissacrante e la visione che ha delle sue opere come un’”autobiografia americana” perché nata appunto da un’esperienza di vita iniziata ad Haiti ma svoltasi in gran parte tra Stati Uniti e Canada. Citando Picasso, Laferrière ci disse che si sentiva libero di falsificare la sua vita in nome dell’efficacia letteraria. Si può cogliere in parte lo spirito di Laferrière anche dal film Verso il Sud di Laurent Cantet, (2005) cui lo scrittore ha collaborato scrivendo la sceneggiatura. Il film, distribuito in Italia da Mikado nel 2006, è stato presentato in anteprima al festival del cinema di Venezia nel 2005, ottenendo un premio per l’attore Ménothy César. Nel film è notevole l’indissolubile connubio tra la leggerezza delle canadesi in età che si spingono a in cerca di sesso e forse di affetto, e la gravità dell’impatto a medio termine di questo comportamento sulla vita dei giovani haitiani che si prostituiscono e sull’equilibrio delle turiste stesse.
Gli scrittori rimasti in patria si esprimono spesso in toni ben più foschi rispetto a coloro che, per amore o per forza, hanno scelto l’esilio. Si pensi ad esempio alle opere di Lyonel Trouillot, anch’esse spesso recensite su queste pagine, che spesso trasmettono in modo letterariamente complesso e mai scontato una realtà problematica sul piano personale (Teresa in mille pezzi, Epoché, 2005) e sul piano socio-politico (Bicentenario, Lavoro, 2005). Saranno forse proprio questi scrittori haitiani “residenti” a mettere su carta e a far giungere al pubblico europeo un’interpretazione efficace degli eventi sociali e politici legati al recente terremoto. Forse l’inevitabile cinismo che scaturisce dal contatto costante ed estenuante con l’ingiustizia sociale permetterà a qualcuno di questi scrittori di trovare il tono giusto per raccontare, anche a chi ad Haiti non c’era e magari non c’è mai stato, il paradosso di un paese distrutto gestito internazionalmente come un paese in guerra, l’assurdità delle amputazioni effettuate dai medici volontari, la lentezza o l’assenza totale di scavi tra le macerie in numerose zone del paese.
Di certo non mancano i testimoni di questa sventura in quanto, al momento del terremoto, la maggior parte degli scrittori haitiani o di origine haitiana si trovavano ad Haiti in occasione del festival letterario internazionale "Etonnants voyageurs", che riuniva una cinquantina di ospiti locali e stranieri. Perciò, chissà, forse sarà uno straniero a raccontarci il terremoto, magari uno scrittore come Madison Smartt Bell che è statunitense, e già ci ha regalato una trilogia sulla storia di Haiti pubblicata in Italia da Alet. Certo è, in ogni caso, che questo sisma e il maldestro intervento internazionale che lo ha seguito stanno avendo un impatto tale sulla realtà haitiana da lasciar presagire una necessaria rielaborazione narrativa.
Per un italiano, la visibilità mediatica che la catastrofe ha regalato ad Haiti può essere una buona occasione per avvicinarsi a una letteratura complessa e avvincente, lontana dall’esotismo rilassante richiamato dallo stereotipo caraibico.
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Paola, vedo che ti sei occupata tanto di Haiti qui sul blog e te ne ringrazio perchè, devo dirti la verità, io non sapevo nemmeno esattamente dove fosse! non avrei mai immaginato tanta "ricchezza". Grazie ancora e un abbraccio,
RispondiEliminaGiuliana.
Santo Domingo non è un paese, ma la capitale di un paese cui nome è Repubblica Dominicana. Converrebbe correggere.
RispondiEliminaCiaoLP e grazie per il tuo suggerimento riguardo alla rubrica di questo blog. In effetti se ti vai a leggere i post (ad esempio "Haiti e Winnie" o "di Haiti non si sa niente") non c'è alcuna confusione tra Repubblica Dominicana e Santo Domingo.
RispondiEliminaAll'epoca in cui ho creato la rubrica pensavo che per un italiano Santo Domingo fosse più immediatamente identificabile della Repubblica Dominicana. È nata così e per il momento resterà tale, ma i commenti restano i benvenuti!