Nel contesto delle celebrazioni per il bicentenario della nascita di Baudelaire, abbiamo parlato qui di "À une passante" e dei temi che implica. Abbiamo inoltre sfiorato il tema della rivisitazione dell'opera del grande poeta, accennando al complesso e stimolante progetto portato avanti dal Musée d'Orsay, che prevede tra l'altro, l'interpretazione di diverse poesie di Baudelaire da parte di personaggi pubblici. Ovviamente non è la prima volta nella storia che il pensiero di Baudelaire si articola e si dissemina nell'opera di altri poeti e scrittori. È nota l'intertestualità con Edgar Allan Poe, di cui Baudelaire, bilingue, fu competente traduttore, forse anche per le affinità riscontrabili nelle loro biografie e nelle loro sensibilità. Sul piano tematico, certamente "À une passante" ha grande attinenza con le occasioni di montaliana memoria, sebbene non si tratti necessariamente di un debito di Montale nei confronti di Baudelaire, ma forse soltanto di una sensibilità simile.
Pare invece di poter affermare che la particolarità e la profondità del pensiero di Baudelaire riguardo alla memoria e al tempo, e la loro compiuta esemplificazione in “À une Passante” colpirono Marcel Proust. In un passo di À l’ombre des jeunes filles en fleur, anzi nel passo di importanza centrale in cui le “jeunes filles” vengono finalmente incontrate dal protagonista e il titolo viene giustificato, Proust compie una sorta di occulto omaggio a Baudelaire, scrivendo pagine di densa intertestualità con il sonetto in questione. Non è qui luogo per un’analisi approfondita di questo aspetto: qualche breve citazione basterà a sottolineare lo stretto rapporto tra i due testi. Così Proust in À l’ombre des jeunes filles en fleur: “Et même le plaisir que me donnait la petite bande noble comme si elle était composé de vierges helléniques, venait de ce qu’elle avait quelque chose de la fuite des passantes sur la route”. Tra le espressioni evidenziate, solo “vierges helléniques” non ha un riscontro lessicale diretto nel sonetto in esame. Ma questo ironico riferimento alla classicità può essere facilmente associato alla “jambe de statue” della passante ed alla sua funzione nell’equilibrio del componimento. Alla lettura di questo unico passo si potrebbe opinare che la coincidenza con il lessico del sonetto sia casuale. Eppure la frequenza di termini pressoché identici alle parole chiave della poesia e la contiguità tematica dovrebbero allertare lo specialista, che sa tra l’altro quale profondo conoscitore di Baudelaire fosse Proust. Inoltre, altri passi confermano questa tesi:
Mais si la promenade de la petite bande avait pour elle de n’être qu’un extrait de la fuite innombrable des passantes, laquelle m’avait toujours troublé, cette fuite était ici ramenée à un mouvement tellement lent qu’il se rapprochait de l’immobilité.
Alla ripresa del lessico e della situazione (si tratta di un primo incontro, la cui importanza è aumentata dalla lunga attesa che lo precede in A l’ombre des jeunes filles en fleurs) si aggiunge qui l’ambivalenza fuga/immobilità che pare un’eco di quella dimensione fuori dal tempo che Baudelaire crea nel suo sonetto, di quell’”eternité” evocata al verso 11.
Infine:
Aussi, je pouvais me dire avec certitude que, ni à Paris, ni à Balbec, dans les hypothèses les plus favorables de ce qu’auraient pu être, même si j’avais pu rester à causer avec elles, les passantes qui avaient arrêté mes yeux, il n’y en avait jamais eu dont l’apparition, puis la disparition sans que je les eusse connues, m’eussent laissé plus de regrets que ne feraient celles-ci, m’eussent donné l’idée que leur amitié pût être une telle ivresse.
Agli elementi di rimando testuale se ne aggiungono altri in questo passo che sfiorano la parodia. La ripresa fonetica di “eusse” è lievemente ironica, e quasi riporta a livello di significante la moltiplicazione che si opera anche a livello di significato. Infatti le passanti sono in questo caso più di una, e le attribuzioni della modernità, che anch’esse possiedono (come la bicicletta) non hanno più nulla di poetico al tempo di Proust. I versi baudelairiani si riducono ad un balbettamento, il raggiungimento dell’ideale non è più possibile, il varco si è davvero richiuso per sempre, l’incanto è rotto. Al ventesimo secolo rimane soltanto l’ironia.
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